“I candidati del Movimento 5 Stelle Sicilia hanno ben chiara la grave situazione dei bilanci in cui versa l’isola, ma non hanno alcuna intenzione di consegnare l’agenda politica della Regione Siciliana nelle mani di Bruxelles né del Fondo Monetario Internazionale, che farebbero pagare questa crisi soltanto ai cittadini e non ai reali esecutori finanziari e politici del grave stato sociale ed economico in cui versa il paese. Abbiamo osservato e rilevato che si stanno perseguendo i dettami prefissati dal FMI e che state avallando con il consenso dei partiti a Roma.
Stiamo guardando attentamente ciò che sta accadendo in stati come la Grecia e la Spagna con le imposizioni della Troika che mirano ai tagli indiscriminati alla sanità e agli altri servizi sociali, interventi sulle pensioni, riduzione dei dipendenti pubblici e degli stipendi, tagli ai sussidi per la disoccupazione, nuove imposizioni fiscali e altre austerità giustificate da parole come “spread” , “mercati finanziari”, “Fiscal Compact” e “Fondo Salva Stati/ESM”.
Non siamo disposti a permettere che siano i cittadini e la piccola e media imprenditoria a pagare per le “scellerate” scelte economiche decise a Bruxelles da un’élite di banchieri e votate a Roma dai nostri politici da destra a sinistra , in Italia come in Europa.
Il Movimento 5 Stelle non ha alcuna intenzione di consegnare la Sicilia in mano a dei “burattini” politici in quanto siamo coscienti che i veri “burattinai” sono gli stessi partiti che da Roma votano la fiducia al suo governo nel Parlamento Italiano, nonostante fingano pubblicamente di avere opinioni diverse sulle politiche di austerità che iniziano a colpire soprattutto le fasce più deboli. I parlamentari hanno concesso al vostro Governo di introdurre modifiche costituzionali come il principio del pareggio di bilancio a tutti i livelli della pubblica amministrazione, imponendo in tal senso pesanti limiti al potere politico regionale.
Abbiamo appreso che si intende realizzare, in coerenza con la bozza della legge di attuazione del pareggio di bilancio in Costituzione, una Commissione Fiscale che porterebbe perfino ad un controllo ex ante dei bilanci regionali i cui limiti dell’ingerenza politica sui poteri dei rappresentanti politici democraticamente eletti dal popolo non sono ben definiti.
Siamo perfettamente a conoscenza del fatto che l’attuale rappresentanza politica debba chiaramente essere sostituita, il Movimento 5 Stelle si vuole schierare dalla parte di quei siciliani che abbiano intenzione di riappropriarsi della propria autonomia nel rispetto dei vincoli costituzionali. Non abbiamo alcuna intenzione di favorire i poteri economici speculativi che sono alla base del fallimento di cui è stata vittima una regione come la Sicilia che, se ben amministrata con il nostro programma, sarebbe in grado di risollevarsi senza le ingerenze di Bruxelles e di Roma che avete votato.
I siciliani sono perfettamente a conoscenza del fatto che il mancato sviluppo del loro territorio è dettato da una classe politica corrotta, dal clientelismo, dagli sprechi di denaro pubblico, dall’accentramento del potere economico nella mani di entità societarie che stanno spingendo gli interessi a favore dei grandi mercati e non dalla parte del popolo e delle piccole e medie imprese che sono state il motore vitale di questa regione e dell’Italia.
Cari membri del Governo Monti, nonostante la credibilità che voi professate per mezzo dei media al Popolo italiano e siciliano, il Movimento 5 Stelle Sicilia non permetterà di consegnare la nostra splendida Regione nella mani delle banche e dei forti poteri economici, di cui voi in questo momento state perseguendo i pieni interessi, grazie anche ai vostri “vassalli” ben mascherati dai partiti di destra e di sinistra in Sicilia, come in Italia.”
I Firmatari:
Cancelleri Giancarlo – Candidato Portavoce alla Presidenza dell’ARS
Giulivi Mauro, La Rocca Claudia, Ciaccio Giorgio, Trizzino Giampiero, Busalacchi Samanta, Di Benedetto Chiara, Siragusa Salvatore, Lupo Francesco, Ricciardi Riccardo, Lanzafame Salvatore, Paradiso Stefano Alessio, Sardisco Giovanni, Negrì Marco, Campanella Francesco, Fiore Gabriella, Lupo Loredana, Calderone Maddalena, Vetro Alessandro,
Foti Angela, Cappello Francesco, Montesanto Agata, Raciti Santina Lucrezia, Bertorotta Ornella, Mauceri Claudio, Currò Tommaso, Mazza Alfio, Duro Gregorio, Nipitella Marco, Allegra Isidoro, Interlicchia Rita, Sapienza Giuseppe, Finocchiaro, Emanuele, Nicotra Angelo, Ciancio Gianina, Zafarana Valentina, Bonanno Caterina, Forestiere Giusi, Russo Leonardo, Saija Maria, Villarosa Alessio, D’Uva Francesco, Fanara Carlo, Mannelli Massimiliano, Laspada Alberto, Nuciforo Gaetano, Giannì Emma, Zagarrio Giuseppe, Di Caro Giovanni, Mangiacavallo Matteo, Dalli Cardillo Emanuele, Palmeri Valentina, Troisi Sergio, Piazza Giacomo, Tancredi Sergio, Ragusa Mario, Santangelo Vincenzo Maurizio, Tremamondo Laura, Zito Stefano, Marzana Maria, Anzalone Roberto, Lauria Teresa, Di Silvestro Antonino, D’Amico Filippo, Ferreri Vanessa, Lorefice Marialucia, Fornaro Dario, Botta Valentina, Lo Monaco Giuseppe, Bognanni Mirko, Venturino Antonio, Lanza Francesco, De Luca Maria Carmela.
8 commenti
Ottima mossa!!! Perfetta !!! Adesso non hanno più alibi. Il nostro conpito è convincere più siciliani possibili che questo è il momento esatto per cambiare. Ma non solo i siciliani ma anche tutti gli italiani onesti e consapevoli del fatto che i Politici italiani hanno sempre barattato l’autonomia della Sicilia corrompendo alcuni siciliani solo a fini elettorali o di lucro e che L’Unità d’Italia come concepita dalla Costituuzione non si è mai applicata perchè se così fosse stato L’Italia sarebbe un Paese indissolubile ed inattaccabile. L’autonomia siciliana economica ma anche politica, quinsi senza ingerenze da parte dei partiti nazionali è un patrimonio per tutti gli italiani ed un asset strategico per la sopravvivenza di mezza Itala. Cibo, energia e prodotti d’eccellenza non devono finire nelle mani delle banche. Quindi Forza M5S e forza Beppe. AVANTI TUTTA!!!
BRAVI RAGAZZI..DETERMINAZIONE.ED I CONSENSI SARANNO TUTTI PER VOI..ATTUAZIONE DELLO STATUTO..FACCIAMOGLI VEDERE CHE CI SIAMO SVEGLIATI..
Finalmente, non ci speravo più. Adesso, si, mi avete convinto. Voterò il m5s. Un azione del genere non può essere una farsa, spero che anche Beppe lo dica in pubblico così tutti capiranno che il m5s è contro queste politiche criminali-europeiste. Non fermatevi mai…sta davvero cambiando qualcosa e farà un botto così grande da far saltare in aria dalla poltrona Monti,Fornero,Napolitano,Draghi,La Garde & Co.
Se cambia la SIcilia, cambia l’Italia…è sempre stato così.
Nei 20 anni che precedono l’ingresso nell’euro (1981-2001), il prodotto interno lordo dell’Italia è cresciuto ad un tasso medio annuo reale del 1,9 per cento, il Mezzogiorno ad un tasso dell’1,7 per cento mentre la Sicilia è cresciuta ad un tasso medio dell’1,4 per cento, il più basso fra tutte le regioni del paese. Con un reddito medio pro capite pari a circa due terzi della media nazionale, la Sicilia deve crescere più degli altri per convergere verso le regioni più ricche. Invece negli ultimi 10 anni, la nostra Regione è cresciuta di un misero 0,3 per cento annuo, troppo poco per sperare di uscire dal pantano e all’orizzonte si avvistano nubi: nell’anno appena conclusosi a fronte di una crescita reale del PIL del Paese dello 0,4 per cento, la Sicilia è rimasta stabile, allo zero per cento. Una situazione di crisi perdurante che si riflette nello stato del mercato del lavoro siciliano: per il quinto anno consecutivo l’occupazione si riduce(-0,5 per cento), non solo nell’industria e nelle costruzioni, ma anche nel comparto dei servizi (-0,6 per cento) che impiega oltre tre quarti dei siciliani. La situazione, purtroppo, è in ulteriore peggioramento: i dati sul primo trimestre 2012 rilasciati da ISTAT evidenziano un balzo del tasso di disoccupazione di oltre 4 punti percentuali al 19,5 per cento (superati solo dalla Campania), a livelli che ricordano la disoccupazione dilagante dei primi anni ’90.
Non è una regione per donne e giovani – Analizzando nel dettaglio i dati sull’occupazione si può intuire quali siano le ragioni del ritardo di sviluppo della Sicilia: 1) una scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro, evidenziata dal basso tasso di occupazione femminile, 28,7 per cento nel 2010, valori fra i più bassi del paese e ben lontano dal 60 percento fissato come target dal Trattato di Lisbona; 2) un mercato del lavoro che non apprezza le competenze: nel 2011 sono diminuiti sia i lavoratori con bassi livelli di istruzione (-2,5 per cento) che quelli in possesso di laurea o dottorato (-0,3 per cento), mentre crescono gli occupati fra coloro che posseggono un diploma di scuola superiore. Nello stesso periodo, circa un terzo dei giovani siciliani tra 25 e 34 anni apparteneva alla categoria definita NEET: non lavorano, né svolgono attività di studio o formazione. Nel 2011 il tasso di overeducation in Sicilia, che misura cioè quanti lavoratori svolgono un’attività che richiede competenze inferiori a quelle acquisite durante la formazione, era pari al 22,3 per cento dei laureati (specie se provenienti dalle classi di laurea di discipline umanistiche e scienze sociali, che insieme raccolgono il 50 percento dei laureati siciliani) e al 15 per cento dei diplomati. Lungi dal diventare una società dell’informazione, la Sicilia ha un sistema produttivo “ibrido”, che mantiene solo le persone con livelli medi di istruzione (per il momento).
Il ritardo dell’istruzione – Grazie ai dati standardizzati INVALSI e PISA è possibile sfatare il mito del “poveri ma bravi”: le performance medie degli studenti siciliani in italiano e matematica (per INVALSI) e in lettura e matematica (PISA) sono infatti peggiori non soltanto nel confronto con la media nazionale ma anche con la media dello stesso Mezzogiorno, specie per quanto riguarda gli studenti del primo anno di scuola secondaria di I grado (la scuola media). Sul fronte dell’educazione universitaria, invece, la Sicilia vanta una percentuale di laureati tra i residenti più bassa della media nazionale (12,3 contro 14,8) ed eccessivamente concentrata in discipline che non risultano adeguate ai bisogni locali (cfr. overeducation).
Un tessuto industriale moribondo – Se negli anni 80 l’incidenza sul PIL regionale dell’industria era poco meno di un quinto, nel 2009 [3], ultimo anno per cui è disponibile tale informazione, si fermava a poco meno dell’otto per cento. Infrastrutture fatiscenti, burocrazia asfissiante, tasse elevate, unite a bassa capacità a innovare e competizione globale sempre crescente, sono un mix letale per il tessuto produttivo siciliano: sempre meno redditive (in base ai risultati dell’indagine INVIND della Banca d’Italia, solo il 52 per cento delle industrie siciliane ha chiuso il bilancio in utile nel 2011), le imprese industriali siciliane chiudono i battenti, con gravissime ripercussioni sull’occupazione: 30 mila occupati in meno tra il 2003 e il 2010, e con l’aggravarsi della crisi del settore della raffinazione occidentale, la Sicilia, rischia di vedere scomparire un pezzo fondamentale della sua già esile industria.
Un modello basato sul consumo e sui trasferimenti – In virtù della sua posizione privilegiata nel Mediterraneo, la Sicilia ha prosperato nei secoli grazie al commercio. Fenici, arabi, normanni, greci, romani.. la lista dei popoli che hanno creato insediamenti in Sicilia e hanno combattuto per il suo controllo è lunghissima e nel mezzo, i siciliani, popolo di abili commercianti, hanno saputo creare da questi continui incontri occasioni di scambio e di commercio. Oggi, non è più così.L’incidenza sul PIL della Sicilia delle esportazioni è di circa 12 punti (3,5 al netto del petrolio). Se si escludono le esportazioni di prodotti raffinati del petrolio, che ammontano a quasi il 70 per cento del totale dell’export le esportazioni siciliane sono costituite prevalentemente da prodotti chimici (circa 10 percento) e da prodotti alimentari vari (9 per cento); al netto del comparto del petrolio (che, come abbiamo già detto, soffre di una profonda crisi strutturale), il grosso delle nostre esportazioni è verso i paesi dell’Area dell’euro (in particolare, Francia, Germania e Spagna). Modesto il contributo verso la Cina o gli altri paesi BRICS, mercati in rapida crescita. Oggi la Sicilia produce sempre meno ed esporta poco. Una regione che consuma, prevalentemente grazie ai trasferimenti e al settore pubblico allargato.
Un gigantesco Leviatano – Il settore pubblico allargato (inclusivo cioè di tutte le amministrazioni pubbliche, locali e nazionali, comprensivi di partecipate e amministrazioni periferiche dello stato) intermedia oltre il 60 per cento del PIL regionale e la Regione siciliana, forte di un bilancio che ha impegni pari a circa un quarto del pil, fa la parte del leone. L’annuale relazione della sede di Palermo della Corte dei Conti offre alcuni riferimenti per conoscere l’amministrazione regionale: un ente forte di 20.288 dipendenti, di cui, 1.917 dirigenti, per una spesa del personale pari a 1,084 miliardi (in crescita di 56 milioni rispetto al 2011), e solo un terzo impiegato negli uffici centrali, mentre il resto, in base ai dati della stessa regione appartiene a uffici periferici (compresi 7 a Bruxelles) o distaccati presso altri enti. Un ente che in soli 60 anni di storia ha già 16.098 pensionati, di cui 497 neo pensionati che hanno usufruito della legge 104/1992, i c.d. “baby-pensionati”, dipendenti che con appena 25 anni di servizio sono potuti andare in pensione per accudire un parente gravemente disabile (privilegio anacronistico eliminato solo quest’anno con la legge regionale 7/2012). Una Regione che controlla direttamente e indirettamente 54 società, 21 delle quali hanno chiuso ultimo bilancio in perdita, 11 sono in liquidazione e per le quali è in corso una riorganizzazione/accorpamento (art.20 l.r. 11/2011). Una Regione che ha provato a fare economia (parte della riduzione del 4,5 per cento annuo nel triennio 2008-10 è da attribuire proprio alla Regione e alle ASL), tagliando però più la spesa in conto capitale che quella in conto corrente. Non sono mancati gli sforzi nell’ambito della sistema sanitario regionale (che da solo costituisce quasi la metà del bilancio regionale), passato da un deficit di 617 milioni di euro del 2007 (anno in cui la Sicilia fu obbligata ad un duro Piano di rientro dal deficit sanitario in cambio di un prestito da 2,8 miliardi del Ministero dell’economia per pagare i debiti sanitari pregressi) a 22 milioni del 2011 (una riduzione del 96 per cento in 4 anni!) che, qualora non avesse accresciuto la qualità dei servizi erogati (non vi sono indicatori disponibili al momento), ha il merito quantomeno di averne ridotto drasticamente i costi.
Autonomia o dipendenza finanziaria – Lo Statuto Speciale della Regione siciliana, legge costituzionale n.2 del 26 febbraio 1948, garantisce alla Sicilia di trattenere parte delle tasse raccolte a livello locale (IRES, IRPEF, IVA – circa quattro quinti del totale delle entrate tributarie), accanto ai consueti trasferimenti e ai tributi locali (addizionale regionale irpef, IRAP): purtroppo però le entrate tributarie nel triennio 2008-10 si sono ridotte dell’1,2 per cento e durante l’ultimo anno di quasi l’11 per cento. Il recente “caso” sui conti della Regione ha evidenziato l’esistenza di poste (i c.d. “residui attivi” ai quali si affiancano quelli passivi) di dubbia esigibilità e sui quali vi sono scontri con il Governo nazionale. La Regione ha un indebitamento considerevole, pari a 5,3 miliardi, di qui 5,1 tra mutui e prestiti verso la Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’economia, e 200 milioni di obbligazioni. Oltre il 70 per cento di questo indebitamento risale a prima del 2008, frutto delle amministrazioni precedenti, e quasi quattro quinti è costituito da indebitamento a tasso fisso. Un debito che continua a crescere: fra giugno e dicembre 2011, l’indebitamento della Regione è aumentato di oltre 800 milioni di euro, mutui accesi presso la Cassa depositi e prestiti. Se il debito pubblico nazionale si può considerare a tutti gli effetti IL problema delle future generazioni, l’indebitamento regionale deve essere controllato (specie con riguardo all’esposizione verso contratti derivati) e ridotto.
Fondi europei, soldi di tutti, soldi di nessuno – la programmazione 2007-13 dei fondi europei è stata sfortunata in partenza – regolamenti europei complicati (che hanno obbligato la Commissione ad una modifica della normativa sul disimpegno automatico nel 2010, distribuendo l’annualità 2007 sui restanti anni della programmazione), un titanico sforzo nel mettere su il Quadro Strategico Nazionale 2007-13 vanificato dalla mancata erogazione dei fondi FAS, una riforma della burocrazia regionale nel 2010, tanto necessaria quanto dannosa poiché ha paralizzato per mesi l’attività degli uffici ai quali si uniscono le deficienze locali: una spesa certificata che al 5° anno della programmazione si ferma al 13,2 per cento della dotazione, un disimpegno di 15 milioni di euro alla fine del 2011 e, recentemente, il blocco del rimborso da parte di Bruxelles di oltre 600 milioni di euro per presunte irregolarità nei processi di controllo. Nonostante il dibattito locale sia più incentrare sullo spendere a tutti i costi piuttosto che sul come spendere, la Sicilia non può permettersi di perdere oltre 7,5 miliardi di fondi UE non spesi.
Conclusioni – La crisi della Sicilia viene da lontano: un sistema economico con i piedi di argilla (niente industria, commercio stagnante, poca innovazione e investimenti), che non valorizza le donne e i giovani; un sistema educativo che non riesce a formare adeguatamente i futuri siciliani. In Sicilia dobbiamo credere nella necessità di prendere consapevolezza dei problemi quale primo fondamentale passo per risolverli, forti del motto di Einaudi “Conoscere per deliberare”.
Non ci inganniamo: Monti, Bruxelles, le banche, i complotti pluto-giudaico-massonici, ecc. hanno di sicuro meno responsabilità dei siciliani, i soli che hanno selezionato questa classe dirigente.
TUTTO MOLTO BELLO ! MA PERCHE’ NEL VOSTRO PROGRAMMA ALLORA NON INSERITE LE COSE PIù IMPORTANTI PER USCIRE DALLA CRISI, OVVERO:
1)- uscita immediata dall’euro SENZA CONDIZIONI stracciando TUTTI I PATTI. Quindi crollano Mastricht, Lisbona, MES, Fiscal compact, ERP, Eurogendfor… tanto per comoinciare. E TUTTE LE LEGGI BANCARIE O FINANZIARIE COLEGATE, DAL 1983 IN POI!!! 2)- RITORNO ALLA LIRA EMESSA DAL GOVERNO ITALIANO TRAMITE BANKITALIA. 3)- BANKITALIA DIVENTA DOI PROPRIETÀ DLE POPOLO ITALIANO UNA AZIONE PER OGNI ITALIANO INCENSURATO MAGGIORENNE, NON CEDIBILE, NON VENDIBILE, NON DELEGABILE QUESTO SOLO PER COMINCIARE!!! POI SI APPLICANO MANOVRE di tipo keynesiano DETTATE DALLA MMT…
PER CHI VOLESSE L’ATTUAZIONE DI CI0′ VOTATE LA PROPOSTA SOTTO, DOBBIAMO ARRIVARE A 1000!
http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2012/10/immediata-uscita-da-eurozona-moneta-sovrana-applicazione-mmt.html?fb_action_ids=290536184380217&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582
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