Se l’Assemblea regionale fosse un pronto soccorso, la mozione del Movimento Cinque Stelle che invocava lo stato di calamità per l’eccezionale grandinata che il 15 gennaio scorso ha sconquassato le serre e le vite degli agricoltori del Ragusano avrebbe avuto il codice rosso. Avrebbe scavalcato tutti e sarebbe stata dirottata d’urgenza in terapia intensiva.
E invece nulla. Nemmeno un chachet, ma solo un’interminabile coda in sala d’attesa che ancora oggi, a sei mesi di distanza, non accenna a finire. E’ la metafora di un Parlamento che non funziona, che legifera di rado e con l’efficacia dell’attacco del Palermo in trasferta. I suoi provvedimenti impegnano molto spazio sui giornali e poco, pochissimo, il governo, che fa spesso orecchie da mercante.
E intanto la Sicilia muore. Era pieno inverno quando sui campi di Acate e Modica si scatenava l’inferno. Da allora tantissimi agricoltori, probabilmente, hanno alzato bandiera bianca, altri staranno per farlo, in attesa di un cenno della Regione. Ma la Regione dorme. E il sonno della Regione può generare fallimenti a catena.
Difficile capire la ratio della calendarizzazione degli atti da portare a sala d’Ercole, dove l’attività, peraltro, è tutt’altro che frenetica e le uniche fatiche rischiano di rimanere quelle che troneggiano sui muri. Generale Inverno, intanto, ha ritirato le sue truppe e nei campi è scoppiata l’afa. Dal Ragusano, probabilmente, si tornerà a battere cassa, ma per l’emergenza siccità.
Che la politica avesse gambe meno lunghe della crisi era notorio, che fosse totalmente paraplegica un po’ meno. O morta, come – forse – alcune aziende che si erano illuse di poter ricevere aiuto.
di Tony Gaudesi