Il M5s Sicilia lancia l’appello al Ministero dell’Ambiente: “Bloccare tutte le concessioni di ricerca e coltivazione di idrocarburi, nonché qualunque altro rilascio di nuovi permessi”. Venuti a conoscenza del fatto che potrebbero essere rilasciate nuove concessioni, i deputati Cinquestelle all’Ars si scagliano ancora una volta contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia, questa volta attraverso una lettera ufficiale indirizzata proprio al ministro Galletti. Gli altri destinatari della missiva: il direttore generale per le Valutazioni ambientali Mariano Grillo; il presidente della commissione Impatto ambientale VIA- VAS Guido Monteforte Specchi; e ad alcuni uffici afferenti il Ministero dei Beni culturali e il Ministero dello Sviluppo economico. Stesso appello lanciato nella giornata di oggi anche dalle associazioni che da sempre lottano contro le trivellazioni: Greenpeace, WWF e Legambiente.
“Chiediamo vengano rivalutati gli studi contrari alle perforazioni, attualmente ampiamente sottovalutati, – afferma il presidente della commissione Ambiente all’Ars, il deputato M5s Giampiero Trizzino – così da tutelare con urgenza il Canale di Sicilia da sfruttamenti del suolo, impedendo in tal modo un possibile disastro ambientale nel Mare Nostrum che ucciderebbe la nostra isola sia economicamente che biologicamente”.
“E’ dovere politico tutelare le aree protette e i siti di importanza comunitaria messi in pericolo dalle perforazioni e dalla costituzione di nuovi siti, – aggiunge la deputata Cinquestelle Angela Foti, prima firmataria della mozione già presentata all’Ars – concordando le scelte di politica ambientale con le Istituzioni locali, prevedendo il ripristino e la nuova costituzione di zone a tutela biologica nello Stretto di Sicilia (ZBT)”.
“I siciliani devono sapere che le richieste di nuovi permessi di ricerca porteranno le attuali aree soggette a concessioni e permessi di ricerca a più che raddoppiarsi (da 3.105,66 Kmq a 7.153,73 Kmq) – continuano allarmati i parlamentari Cinquestelle – e l’aumento del numero di piattaforme presenti nel Canale potrebbe porre problemi di sicurezza connessi sia agli impianti stessi che all’aumento del traffico di navi petroliere. Inoltre, qualora dovessero verificarsi sversamenti, le varie tecniche di rimozione, pur combinate tra loro e nelle condizioni ideali di luce e di mare, consentono di recuperare al massimo non più del 30% dell’idrocarburo sversato. Tale percentuale tende rapidamente a zero con il peggioramento delle condizioni meteo-marine. Impossibile operare la rimozione in assenza di luce”.
“Si comprende bene, dunque, come le disposizioni di legge basate su interessi economici non possano, anzi non debbano, essere anteposte al sacro diritto della salvaguardia dell’ambiente, – concludono Trizzino e Foti – soprattutto quando vi è tanto in gioco: la salute di un intero ecosistema, la salvaguardia della biodiversità, l’impedimento di un possibile disastro ambientale”.
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bisogna trivellare questi cervelloni che non vogliono capire che la terra è di tutti e che TUTTI stanno cominciando ad aver coscienza che UNITI si può BASTONARE il CATTIVO