Da una richiesta di accesso agli atti del Movimento 5 stelle la scoperta che ai giganti delle minerali il prezioso liquido nel recente passato veniva dato a 13 centesimi al metro cubo oltre certi limiti. Confindustria chiede ora che si ritorni vicino a quei livelli (attualmente il canone è di 2 euro) facendosi scudo della crisi delle piccole imprese. I deputati : “E’ una scusa per tutelare i big”.
Gratis o quasi. Oltre i 35 mila metri cubi l’acqua minerale estratta in Sicilia prima della legge del 2013 finiva negli impianti delle multinazionali a prezzi ridicoli: appena 13 centesimi a metro cubo. E’ la scoperta fatta dal Movimento 5 stelle all’Ars, spulciando tra le carte arrivate al gruppo grazie ad una richiesta di accesso agli atti.
“Analizzando i dati – affermano i deputati – abbiamo scoperto che la normativa antecedente al 2013 prevedeva un canone fisso di 516,46 euro per l’acqua estratta (emunta) fino a 5000 metri cubi, da 5000 mc a 35000 mc il costo passava a 1,03 euro, mentre oltre i 35mila mc il canone scendeva vertiginosamente a 13 centesimi al metro cubo”.
Un regalo, o quasi, confezionato, però, solo per i colossi. Solo i big del settore, infatti, riuscivano ad estrarre quantità di acqua tali da accedere alle micro tariffe.
“I pochi dati incompleti e parziali che abbiamo ricevuto – afferma la deputata Claudia La Rocca – bastano a far capire che i beneficiari di questo canone irrisorio erano le grandi multinazionali dell’acqua. Una di queste infatti estrae 238.545mc di acqua, a fronte dei 15.052mc di un’altra piccola impresa del settore”.
Dall’entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 la pacchia per queste imprese è finita grazie ad una norma targata M5S, che ha portato i canoni per l’acqua estratta a 2 euro al metro cubo. Un rospo difficile da ingoiare per Confindustria, che l’altro giorno ha portato alla commissione Attività produttive dell’Ars una proposta per riportare i canoni molto vicini a quelli ‘da saldo’: 30 centesimi al metro cubo.
“Per sostenere la sua proposta – afferma Claudia La Rocca – Confndustria si fa scudo della crisi delle piccole imprese, ma è chiaro, come dimostrano i dati in nostro possesso, che il suo obiettivo è tutelare gli interessi delle multinazionali. Il M5S – prosegue La Rocca – chiede un canone equo, che non avvantaggi le grandi multinazionali a dispetto delle piccole e medie imprese, una norma che si coniughi pure con il rispetto delle risorse del territorio siciliano”.
“Confindustria – afferma il deputato Matteo Mangiacavallo – utilizza, di fatto la crisi di alcune aziende come scudo per gli incassi delle multinazionali. Dati alla mano, se mai ce li forniranno, saremo sensibili ai problemi delle piccole imprese che hanno sede e operano in Sicilia, ma non possiamo fare sconti o regalie alle multinazionali che speculano sulle nostre risorse. Se proprio poi si vuole regalare l’acqua alle imprese in crisi, che si applichi la regola anche a tutte le altre migliaia di attività imprenditoriali siciliane che non navigano nell’oro e che sono costrette a pagare tariffe che arrivano anche a 1,80 €/mc. Tagliamo le spese per l’acqua anche a loro“.
Tra le pieghe delle carte in possesso dei deputati fa capolino un piccolo giallo: della stragrande maggioranza dell’acqua estratta da una multinazionale del settore non si conosce l’utilizzo. “Dei quasi 240 milioni di litri estratti da questa impresa – spiega La Rocca – oltre 26 milioni risultano imbottigliati, oltre 22 milioni risultano ‘non imbottigliati, ma comunque utilizzati’. Nulla è dato di sapere sull’utilizzo degli altri circa 200 milioni di litri emunti”.
Dalla ricerca del Movimento 5 stelle salta fuori anche una curiosità: fino al 2013 nessuno aveva provveduto a convertire i vari scaglioni di canoni da corrispondere in euro, costringendo il servizio regionale competente a fare di volta in volta le conversioni lira/euro per fare i conteggi con le imprese.