“Più armi ai medici di base nella lotta contro il Coronavirus. Sia consentito loro di prescrivere i farmaci, tipo quello contro l’artrite reumatoide, che stanno dando ottime risposte in ospedale. Al momento, infatti, i medici di famiglia sono sfruttati poco e con armi spuntare a loro disposizione, visto che ai loro pazienti possono prescrive la tachipirina o poco altro”.
Lo affermano di deputati M5S della commissione Salute dell’Ars, Francesco Cappello, Antonio De Luca Giorgio Pasqua e Salvatore Siragusa, che sollecitano pure la costituzione delle unità speciali di continuità assistenziale previste dal decreto legge 14 del 9 marzo 2020, ma finora rimaste solo sulla carta.
“Oramai non si può più aspettare – afferma il vicepresidente della commissione Salute di Palazzo dei Normanni, Cappello – bisogna attivarsi per curare a domicilio i nostri contagiati, oggi letteralmente abbandonati a casa, organizzando le squadre contemplate dal decreto, composte da tutti quei medici e quegli infermieri che operano in strutture dove il lavoro si è rallentato per effetto della sospensione di molte attività, a cominciare dalle attività ambulatoriali. Va inoltre sfruttata al massimo la medicina del territorio: se curati con i farmaci idonei, parecchi pazienti che hanno una sintomatologia blanda possono evitare di arrivare in terapia intensiva, ingolfando un sistema che rischia il collasso”.
È evidente – sottolinea Cappello – che nonostante gli sforzi del governo regionale i posti in terapia intensiva non potranno mai essere abbastanza: cerchiamo quindi di aggredire prima il nemico, armando meglio i nostri medici di base – cui ovviamente vanno forniti i necessari dispositivi di protezione individuale – come sta avvenendo in Veneto. Assistere a domicilio i pazienti consentirebbe di agire in maniera in maniera efficace, monitorando la malattia e ricorrendo al ricovero quando è necessario e sicuramente non quando le condizioni del paziente sono ormai compromesse”.
“In questo momento – affermano i deputati 5 Stelle della commissione Salute – vanno turate anche altre falle: mancano reagenti, dispositivi di protezione individuale e non vengono fatti tamponi a tutti gli operatori sanitari in prima fila. E ai familiari dei positivi: ci risulta che c’é chi attende il tampone da una settimana. Apprezziamo gli sforzi finora fatti, ma è che chiaro che non bastano”.