M5s: “Sull’ accorpamento delle autorità portuali, il ministro Lupi la smetta di fare proclami sulla stampa e pensi seriamente alla riforma“
Il portavoce alla Camera Francesco D’Uva (M5s): “Tra le proposte, un improbabile accorpamento in un unico distretto delle aree portuali di Messina, Catania e Augusta. Messina sarà penalizzata”
La portavoce Cinquestelle all’Ars Valentina Zafarana: “Non siamo disposti a sottostare ancora al valzer di dichiarazioni prive di concretezza che potrebbero essere soltanto scenario di malcelati appetiti politici”
Il Ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, ha esposto in questi giorni le linee guida della sua proposta legge di riforma in materia di attività e gestione dei porti italiani. Nelle intenzioni dall’attuale Ministro, infatti, vi è un intervento normativo che riformi, in maniera sostanziale, la legge n.84 del 1994 che, ad oggi, disciplina l’ordinamento e le attività portuali. Tra gli obiettivi principali della proposta di riforma vi è la riduzione delle attuali 24 Autorità Portuali, con l’istituzione di alcuni “core ports”, nati dall’accorpamento di vari centri portuali sotto la diretta gestione di un unico Ente. Se a oggi risulta senz’altro opportuna una riforma che modifichi gli attuali criteri di gestione delle attività dei porti italiani, quantomeno discutibili risultano essere i suoi contenuti. A farne le spese potrebbe essere proprio la Città di Messina che si vedrebbe sottrarre la diretta gestione dell’intenso traffico di merci e di persone che fanno dell’Area dello Stretto uno dei più ricchi centri portuali d’Italia. Tra le proposte avanzate dal Ministro del Nuovo Centro Destra, Maurizio Lupi, ci sarebbe quella di accorpare in unico distretto le principali aree portuali della Sicilia Orientali, quali Messina, Catania e Augusta, con l’elevato rischio di un passaggio delle funzioni organizzative e gestionali ad una delle ultime due città.
“Se da tempo auspichiamo una riforma nella disciplina che regola le attività dei porti italiani e la loro relativa gestione – afferma il messinese Francesco D’Uva – posso certamente affermare che non potevamo aspettarci una prospettiva peggiore per la gestione dell’area portuale del distretto di Messina e, più in generale, di tutta l’Area dello Stretto. È infatti iniziata la corsa a chi riuscirà a portare per primo, nella propria città, la diretta gestione dei porti. Se davvero il Ministro vuole creare un distretto unico per la Sicilia Orientale è bene ricordargli che quello di Messina risulta essere oggi il primo porto italiano per numero di passeggeri, una delle principali aree crocieristiche d’Europa, nonché una ricca area commerciale, se si considera che l’Autorità Portuale di Messina gestisce direttamente anche le operazioni portuali, e le attività industriali ad esse connesse, della Città di Milazzo.”
“Crediamo inverosimile – continua D’Uva – che il Ministro abbia una reale intenzione di trasferire alle Autorità Portuali di Catania, ovvero di Augusta, le competenze della diretta gestione delle attività del porto di Messina. In quel caso non si tratterebbe, infatti, di una riforma normativa della disciplina portuale italiana, quanto di un’operazione politica, della quale sia il Ministro, sia gli esponenti del suo partito, dovranno eventualmente rispondere dinnanzi ai cittadini dello Stretto. È bene ricordare, infatti, che il porto della Città di Reggio Calabria risulta oggi sottoposto al diretto controllo dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro.”
“Ritengo – conclude – che una riforma delle Autorità Portuali italiane non può essere fatta limitandosi a dislocare centri di potere da una città ad un’altra, senza stabilire criteri oggettivi e funzionali, che tengano conto della diversa natura delle attività esercitate nelle aree soggette ad accorpamento. Se realmente il Ministro Lupi volesse creare aree cosiddette “core ports” anche in Sicilia, suggerisco, piuttosto, di affidare la gestione delle attività dei porti compresi all’interno dell’Area metropolitana dello Stretto, ad un’unica Autorità Portuale. Tale operazione risulterebbe sicuramente più funzionale all’organizzazione dei porti che si affacciano sullo Stretto e dei relativi traffici, i quali la rendono oggi una delle aree più importanti d’Europa”.
La portavoce regionale Valentina Zafarana aggiunge, inoltre, che “Lo stato di confusione e le scarse capacità di governo di questa Giunta regionale prospettano, anche su questo tema, momenti bui per Messina e per la Sicilia, per l’assenza di una seria programmazione gestionale delle attività economiche e portuali; non siamo disposti a sottostare ancora al valzer di dichiarazioni prive di concretezza che potrebbero essere soltanto scenario di malcelati appetiti politici.
Il Governo regionale non può più, infatti, proseguire sulla strada delle rinunce in favore dello Stato.
D’altronde, lo stesso Ministero dei Trasporti e della Navigazione con la circolare 85 del 1999 ha dichiarato che, in base al D.P.R. n. 684/77, è demandato alla Regione Siciliana l’esercizio materiale delle funzioni esecutive ed amministrative su quelle parti di demanio marittimo non trasferitole, con la sola eccezione dei beni interessanti la difesa.
Le Autorità Portuali in Sicilia dovrebbero, dunque, essere enti regionali che, in regime di potestà pubblica derivata, svolgono esclusivamente quelle funzioni attribuitegli dalla legge 84/94”.
Entrambi i portavoce, anche in considerazione delle iniziative intraprese sia in sede Regionale che Nazionale, concordano nel sostenere che, anziché rafforzare le competenze di un’unica “Area Metropolitana dello Stretto”, a fronte anche del percorso designato e fortemente voluto in questa direzione dall’attuale amministrazione, con queste misure verrebbero invece affidati i compiti di diretta gestione delle attività portuali nello Stretto alle Authority di città quali Gioia Tauro, Catania o Augusta, le cui attività principali non trovano nessuna connessione con quelle presenti nello Stretto di Messina, né dal punto di vista economico, né dal punto di vista commerciale. “Già oggi – concludono – viviamo profondi disagi causati dalla progressiva riduzione dei servizi relativi al trasporto per migliaia di pendolari, che hanno lasciato così campo libero alle società private che continuano a lucrare sul progressivo allontanamento dello Stato da quest’area”.