Le malattie neurodegenerative sono un insieme di malattie del sistema nervoso centrale che, causando un deterioramento neurale, può portare a gravi handicap cognitivi, motori e disturbi psicologici. Malattie neurodegenerative sono il Morbo di Parkinson, la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), la Demenza Fronto-Temporale, la Corea di Huntington. Davanti a tali malattie, che inevitabilmente portano ad un progressivo ed irreversibile peggioramento, i pazienti e i familiari cercano qualunque cura o trattamento per rallentare, o sperare di guarire da questo inevitabile processo degenerativo.
Nel 2009 si propose, alla comunità medica di sperimentare, il controverso “Metodo Stamina” del Dr. Vannoni tramite la sua organizzazione “STAMINA FOUNDATION ONLUS”.
Il trattamento consiste nel prelievo di cellule dal midollo osseo dei pazienti (Staminali), la loro manipolazione in vitro, e infine la loro infusione nei pazienti stessi. Una volta “infuse”, le staminali avrebbero dovuto iniziare un processo di rigenerazione neuronale che sarebbe stato in grado di curare malattie neurovegetative tutte progressive e molto gravi. Stando alle dichiarazioni di Davide Vannoni sarebbero addirittura 120 le patologie rare che il metodo Stamina è in grado di guarire o di cui può alleviare i sintomi e rallentarne il decorso. Naturalmente, non facendo parte di un protocollo inserito all’interno dei metodi terapeutici previsti dal Servizio Sanitario Nazionale, la cura con il metodo Stamina è del tutto a carico del paziente, che deve sborsare una cifra molto elevata per assicurarsi la terapia.
Inutile spiegare l’impatto che ha avuto, al tempo, la notizia della sperimentazione sull’opinione pubblica. Gli ammalati iniziarono a nutrire nuove speranze.
Vannoni allestì a Torino, in uno spazio interrato, un laboratorio insieme a due medici Russi, che lo avevano curato nel 2004 per un’emiparesi facciale, e un piccolo team di collaboratori nostrani: infermieri, una biologa, qualche medico. Le testimonianze parlano, purtroppo, di sottoscala poco idonei. Iniziò,in quei locali, a prelevare cellule da alcuni pazienti e a coltivarle secondo le regole già sperimentate dai russi. Successivamente, nel gennaio 2007, venne inaugurata la Re-Gene Srl., una società di ricerca e sviluppo di biotecnologie. Per finanziarla, Vannoni cercò di accedere fondi pubblici regionali ufficialmente destinati ad “attività promozionali per la conoscenza delle cellule staminali” (in una sola parola: marketing), contemporaneamente si avviavano i primi trattamenti a base di iniezioni di cellule staminali sui pazienti.
Intanto, il Sistema sanitario nazionale era ignaro di tutto.
Iniziarono a scattare i primi allarmi, a lanciarli erano pazienti che, avendo sborsato decine di migliaia di euro, non solo non avevano avuto segni di guarigione ma, avvertivano effetti collaterali (es. crisi epilettiche).
Nel 2009 PM Guariniello avviava un’inchiesta per chiarire il ruolo di Vannoni e dei suoi collaboratori in merito alla prescrizione di terapie mai autorizzate dal S.S.N. Sedici sono state le persone indagate, tra cui lo stesso Vannoni e i due biologi russi, che scelsero di tornarsene in patria.
Nel corso di quest’inchiesta nacque “STAMINA FOUNDATION ONLUS”. Il tutto avvenne nel giro di qualche settimana. Le testimonianze parlano di visite e colloqui in “stanzini di Torino”, prelievi in una clinica di Carmagnola, di iniezioni lombari presso un centro estetico in San Marino effettuate, esclusivamente, in giorni festivi. Insomma, Stamina mandava avanti la sua attività clinica, nel bel mezzo di una diaspora, chiedendo massimo riserbo ai clienti. La Onlus in questione approdava, finalmente, in un vero centro trapianti: l’Ospedale pediatrico Burlo Garofolo di Trieste. Iniziava, così, la collaborazione con il Medico pediatra Mario Andolina. Si allungava anche, la lista delle malattie trattabili con Metodo: la sindrome di Kennedy, l’atrofia muscolare spinale, la leucodistrofia metacromatica, la malattia di Niemann Pick e la tetraparesi spastica. Cominciavano anche le infusioni sui bambini. A questo punto, il PM Guariniello, estendeva l’inchiesta anche a Trieste perseguendo nuovamente Vannoni e mettendo tutto sequestro.
Intanto, la sperimentazione con il metodo Stamina viene intrapresa presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia. Tramite una convenzione con la Regione Lombardia, Vannoni e Andolina ricominciano la somministrazione delle staminali.
Nel 2012 viene disposta un’ispezione da parte di Carabinieri e NAS. Il resoconto è disastroso; non viene trovato alcun resoconto di lavorazione, non ci sono certificati sulle cellule utilizzate e i pazienti non sono a conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato. Il caso diventa mediatico arrivando in TV (anche dopo diversi servizi de “Le Iene”).
A quel punto, la situazione diventa di non facile comprensione: da un lato, la comunità scientifica che boccia totalmente il metodo in quanto privo di una validazione scientifica che ne attestasse l’efficacia terapeutica dall’altro, le famiglie che chiedevano di accedere o riprendere le cure. Il grido di dolore era forte l’opinione pubblica ne resterà fortemente disorientata.
Nel 2013, il Parlamento Italiano decise, in seguito ad una fortissima pressione dei mass-media, l’avvio di una sperimentazione. La comunità scientifica internazionale si fece sentire attraverso le pagine della più autorevole rivista di riferimento per gli scienziati, “Nature”, che esprimeva profonda preoccupazione per la situazione.
Nel luglio dello stesso anno, gli appelli degli scienziati erano rimasti inascoltati, si era giunti alla vigilia del lancio della sperimentazione, ma ancora mancavano i protocolli, cioè tutta quella serie di documenti che Stamina Foundation avrebbe dovuto obbligatoriamente presentare all’Istituto superiore di sanità per far partire il trial. Questi, una volta compilati, sarebbero stati sottoposti al vaglio di un apposito Comitato scientifico per poter procedere con la fase operativa della sperimentazione. Vannoni si era trovato in seria difficoltà: il metodo che aveva sviluppato non rientrava, per molti aspetti, nei canoni richiesti a livello europeo, ed era stato costretto ad un notevole lavoro per ristrutturarli e stilare i protocolli richiesti. Essi dovevano contenere informazioni precise sia sul versante teorico, indicare cioè il cosiddetto razionale alla base del progetto di ricerca, sia su quello pratico, che prevede la descrizione del metodo di preparazione, la definizione del numero di pazienti che si prevedeva di sottoporre alle somministrazioni e delle patologie su cui si sarebbe intervenuti, così come la descrizione dei risultati preliminari e alcune considerazioni sul fronte tossicologico.
Dopo diverse proroghe, La consegna avvenne il 1 agosto ma, il successivo 10 ottobre, il ministero della Salute si pronunciava con un no definitivo alla sperimentazione: il metodo era stato bollato di inconsistenza scientifica dagli organi deputati alla sua valutazione.
A fine dicembre 2013, Vannoni pubblicava sulla propria pagina facebook una presentazione con alcuni studi delle cellule utilizzate, per rispondere alle accuse di non aver condotto valutazioni sulle cellule prodotte. I test mostravano dati positivi, ma ricevettero critiche in quanto presentavano dati parziali, non contestualizzati, incoerenti e su campioni non significativi (spesso basati su cellule di un solo paziente). Tra l’altro, risultavano tutti realizzati dalla stessa Stamina Foundation.
Dopo sette anni, Il team di Vannoni non ha ancora diffuso in alcun modo le proprie ricerche a mezzo di pubblicazioni scientifiche, e questo rimanda grosso modo a due ipotesi: o la strada verso la pubblicazione gli è stata sbarrata dalle stesse riviste o, appunto, dagli esperti preposti a valutarle, il che equivale ad una bocciatura, oppure non vi è mai stata l’intenzione di pubblicare le ricerche. Un comportamento che oscilla tra l’inspiegabile e il discutibile.
Dal Luglio del 2013 davanti Palazzo Montecitorio vi è un presidio permanente. Nella tenda vivono ormai da più di un anno alcuni malati affetti da distrofia muscolare che protestano per la sospensione della cura a base di cellule staminali. Una tenda in una piazza affollata, accanto ai palazzi del potere. Una tenda che sembra però piantata in un deserto silenzioso, tanta è la difficoltà, non solo fisica, per raccontare le loro storie, per dare voce ai malati che, non avendo altra scelta, si aggrappano ad una cura che dà speranza. Nel presidio sono presenti diversi pazienti trattati all’Ospedale di Brescia che hanno avuto dei miglioramenti tramite il Metodo Stamina.
“Ci sono bambini trattati a Brescia, che stavano morendo. Sofia era a rischio morte, ora non lo è più perché ha già fatto delle cure a base di staminali”.
“Federico, ad esempio, un bambino con la SLA, non muoveva un muscolo, dopo la cura sta in piedi”.
“Un ragazzo che non respirava senza l’ausilio del respiratore e che si nutriva con il sondino è migliorato ed ora respira normalmente e può mangiare senza sondino”.
Questi sono fatti. Come si fa a dire che è solo l’immaginazione della madre? Come si fa?
“Noi chiediamo allo Stato la libertà di assumerci la nostra responsabilità. Come su un pacchetto di sigarette si legge che nuocciono alla salute, così potrebbero fare con le cellule staminali, ammesso che facciano male, potrebbero scriverlo sopra; poi c’è chi si compra un pacchetto di sigarette e chi le staminali, con la differenza che il tabacco sicuro fa male, mente le staminali hanno dato un grosso sollievo alla salute di chi ha fatto le infusioni”.
(Fonti: www.wired.it, www.bitculturali.it)
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