Ancora nessuna presa di posizione di Crocetta dopo la richiesta di condanna del segretario generale della Regione a 4 anni per peculato. Cancelleri: “La rimozione è un atto dovuto. Gravissima la latitanza anche da parte di tutti partiti”.
“Ancora silenzio da Crocetta sulla Monterosso? Il suo immobilismo ormai non ci meraviglia per nulla, anche se la rimozione della superburocrate, a questo punto, è un atto più che dovuto. È evidente che il presidente della legalità, senza macchia e senza paura, sa fare la voce grossa solo contro i forestali. Vorrà dire che, se dovessimo vincere le elezioni, a ripristinare la legalità sarà il M5S. La rimozione della Monterosso sarà uno dei primissimi atti che faremo”.
Il M5S all’Ars commenta così l’ennesimo nulla di fatto della presidenza della Regione sulla telenovela Monterosso, arricchitasi ora del pesantissimo capitolo della richiesta della Procura di condanna a 4 anni per peculato.
“Ci pare difficile – commenta il deputato Giancarlo Cancelleri – che Crocetta possa continuare ad argomentare che si tratta di una semplice multa. È una richiesta pesantissima e molto imbarazzante, sulla quale un presidente, che della legalità avrebbe dovuto fare il suo cavallo di battaglia, non può sorvolare. Specie se si pensa – continua Cancelleri – che questa richiesta arriva dopo una condanna definitiva da parte dela Corte dei conti ad un risarcimento di oltre un milione e 200 mila euro, sempre per la spinosa vicenda dei finanziamenti extrabudget alla Formazione professionale”.
“Se dovesse intervenire la condanna – continua il deputato – anche la nomina all’Irfis della Monterosso dovrebbe venire meno”.
Grave, secondo Cancelleri, anche il perdurante silenzio sulla vicenda da parte dei partiti, “pronti ad indignarsi per situazioni infinitamente meno importanti e stranamente distratti in questa occasione e in tutte quelle riguardanti la Monterosso”.
Per il Movimento 5 stelle, sulla vicenda del segretario generale della Regione ci sono altre pesanti inadempienze, come il suo mancato trasferimento ad altro ufficio.
“La legge 97 del 2001 – afferma Cancelleri – statuisce che quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici a prevalente partecipazione pubblica è disposto il giudizio per alcuni dei reati come il peculato, ‘l’amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto’. Ebbene, ciò non è avvenuto. Perché?”.