Razza e Armao riferiscano all’Ars, situazione indecente, non si può morire per intoppi burocratici
“In Sicilia i malati oncologici non possono essere privati del diritto alle cure per cause imputabili alla Regione. Chiediamo l’immediata rimozione dei vertici della Centrale unica di committenza (Cuc) e al Governo di riferire sull’affaire Ibrance, un farmaco destinato a donne colpite da patologie oncologiche al seno, ad oggi, non disponibile nelle strutture ospedaliere siciliane, nonostante la gara sia stata espletata da tempo”. Lo dicono i deputati regionali del M5S Francesco Cappello, Salvo Siragusa, Giorgio Pasqua e Antonio De Luca, componenti della commissione Salute dell’Ars, riferendosi al caso sollevato dal quotidiano La Repubblica Palermo sui ritardi burocratici che hanno reso impossibile la somministrazione in Sicilia di un farmaco anti tumorale per donne colpite da cancro al seno, e disponibile dall’inizio dell’anno in altre regioni italiane. Il M5S annuncia un’interrogazione parlamentare sulla vicenda e chiede l’immediata calendarizzazione di un’audizione in commissione Sanità dell’Ars con gli asettici regionali alla Salute e all’Economia Ruggero Razza e Gaetano Armao per fare luce sulla vicenda. In Sicilia sarebbero una trentina, di cui 13 oncologici, i nuovi farmaci inseriti nel prontuario regionale dei farmaci ma off limits ai pazienti.
“Che farmaci salvavita – proseguono i parlamentari – siano off limits ai malati siciliani per ragioni imputabili all’inefficienza e inefficacia dell’azione amministrativa è semplicemente scandaloso. Non si può morire per intoppi burocratici. Razza e Armao hanno il dovere politico e morale di spiegare come mai, nonostante le gare siano state espletate, non sono stati ancora emessi i codici identificativi che consentono la somministrazione dei farmaci”. “In ultimo vorremo capire – concludono gli esponenti del M5S – per quali ragioni in Sicilia gli ospedali pubblici non hanno approfittato dell’offerta loro riservata già un anno fa dall’azienda produttrice dell’anti tumorale, quando in attesa dell’accordo sul prezzo di vendita con l’Agenzia italiana del farmaco, la multinazionale aveva messo in vendita il prodotto al prezzo simbolico di un euro, mentre altre strutture incluse quelle private lo hanno fatto, dal momento che il costo stimato per una confezione è di 8 mila euro e come mai i direttori generali delle aziende ospedaliere non abbiano proceduto all’approvvigionamento in via autonoma”.