“Tutti i dipendenti regionali compresi funzionari e dirigenti della burocrazia regionale abbiano l’obbligo di comunicare l’appartenenza alla massoneria. Impensabile che uomini chiave nel rilascio delle autorizzazioni regionali in dipartimenti strategici per lo sviluppo e l’economia dell’Isola, possano occultamente avere interessi terzi rispetto alla cosa pubblica. Serve introdurre anche l’obbligo di rotazione non solo per i dirigenti ma anche per funzionari in ruoli strategici dell’amministrazione. Chiediamo un intervento immediato degli Affari Generali della Regione Siciliana e del Responsabile Anticorruzione per gli adempimenti di rito”.
A dichiararlo è la deputata regionale del Movimento 5 Stelle Roberta Schillaci a proposito dell’audizione del dirigente generale dell’assessorato all’Energia, in commissione Antimafia all’Ars.
“Lo stesso dirigente D’Urso – spiega la deputata – ha riferito in Antimafia di non aver avuto la sensazione che nel suo dipartimento ci fosse un sistema masso-mafioso come poi emerso da cronache giudiziarie, ma che in ogni caso, aveva emesso una nota sull’obbligo di comunicazione di appartenenza alla massoneria. Una nota disattesa proprio da quei servizi raggiunti poi dagli scandali e dagli arresti di alcuni dipendenti obbedienti ad altre logiche e non fedeli alla propria amministrazione e allo Statuto della Regione Siciliana. Così non può funzionare e le cronache di questi giorni pongono ancora una volta la necessità, di trasparenza e controllo. Per quanto riguarda l’assessorato all’Energia ad esempio appare evidente la mancanza di controlli sui soggetti che ricevono le autorizzazioni perché molto spesso le imprese che ricevono i nulla osta, in realtà non hanno le capacità tecniche ed economiche per operare effettivamente. Morale alla Regione Siciliana serve un piano anticorruzione serio ed efficace”.
“Occorre che i responsabili dell’anticorruzione – conclude Schillaci – abbiano però piena autonomia e indipendenza nell’attuazione di un Piano sempre più un contenitore di assillanti procedure burocratiche e meno come reale strumento di contrasto alla corruzione”.