«Decenni di mancata programmazione, di approssimazione e di manutenzioni mai effettuati, certificano il fallimento della politica regionale siciliana. Una situazione che lo stesso Governo regionale ha definito imbarazzante. La Diga Trinità, dopo 70 anni di operatività, è giunta a fine vita e ancora sentiamo parlare di altri 15 giorni necessari per una ulteriore consulenza, quando è ormai chiaro che il 2025, a causa della mancanza d’acqua sarà un altro anno di crisi nera per gli agricoltori belicini».
Lo ha detto la deputata regionale trapanese, Cristina Ciminnisi, a margine dei lavori della III Commissione Attività Produttive, convocata congiuntamente con la IV Commissione Territorio e Ambiente, per discutere dei “provvedimenti urgenti per la messa fuori esercizio della Diga Trinità”.
«Nonostante i proclami del Ministro Salvini – dice ancora Ciminnisi – da Roma non giunge alcuna conferma o smentita del ventilato commissariamento e si procede a parole discutendo di ipotetici provvedimenti tampone per rendere operativo l’invaso, dei quali però non si conoscono ancora importi e tempi di esecuzione. La situazione appare disperata, garantire la quota idrica a 61,90 m. slm quando si registra un interramento del bacino già a 57 m. slm significa non riuscire ad assicurare i 6 milioni di mc d’acqua necessari per la prossima campagna irrigua del comprensorio. Appare quasi impraticabile l’ipotesi di interconnessioni con altri bacini idrici (il più vicino è la diga Garcia), perché per operare in questa direzione ci vogliono anni. Intanto le paratie della diga Trinità sono ancora aperte e l’acqua che viene sversata dall’invaso si perde in mare, né si sa come accantonarla».
«Il presente – conclude Ciminnisi – certifica che la Diga Trinità ha concluso il suo ciclo operativo. Chi ha governato in passato, e governa oggi, ha piena responsabilità e dovrebbe chiedere scusa agli agricoltori del comprensorio. Si prenda atto di ciò e si diano risposte chiare. Nell’immediato: da dove prendere l’acqua per la campagna irrigua imminente. Per il futuro: come si pensa di intervenire per assicurare la risorsa idrica necessaria per tenere in piedi l’economia delle campagne del Belìce. Delle opere faraoniche, ponte e inceneritori, la Sicilia non sa che farsene. Meglio sarebbe stato assicurare l’ordinario, giorno dopo giorno. Non saremmo arrivati a questo punto “di non ritorno”».