Era il 2006 quando il Sindaco di Siracusa del tempo adottò come provvedimento di contenimento delle PM10 la limitazione della circolazione a targhe alterne.Visto e considerato la situazione insopportabile che soffocava l’aria e gli abitanti della cittadina, soprattutto nella stazione Scala Greca, il sindaco, per acquisire elementi di conoscenza sulle cause dei superamenti giornalieri di tali polveri inquinanti diede incarico al Prof. Salvatore Sciacca (chimico e medico all’Università di Catania, già presidente del Consorzio degli industriali per la protezione ambiente, alias Cipa) di monitorare e analizzare tali sostanze.
Lo studio inizia nel periodo estivo (luglio) e termina a settembre. Dai risultati viene fuori che la fonte principale sono le sabbie del deserto e che il traffico veicolare influisce sicuramente sulle concentrazioni, ma non in modo preponderante.
Fummo in tanti a non crederci, anche perché, ragionandoci su e osservando i dati di quell’anno dell’Annuario Arpa Sicilia, fu legittimo porci delle domande del tipo: ma il vento del deserto, in quell’anno, portò solo a Siracusa le PM10? Se è così spiegateci allora come mai a Catania si rispettavano e si rispettano tutt’ora i limiti dei superamenti?
Arpa stessa, nel rapporto ambiente 2006, ovviamente, date le perplessità e la metodologia con cui lo studio di Sciacca venne effettuato, affermò che:” Occorrerebbero ulteriori approfondimenti per definire in maniera più puntuale il ruolo giocato dal traffico veicolare, visto che nello studio in oggetto è stata attribuita una influenza non preponderante. Inoltre sarebbe opportuno non sottovalutare la zona industriale visto che sono sempre più frequenti episodi di sfiaccolamenti, emissioni e odori molesti, che in concomitanza di venti arrivano pure a Siracusa, soprattutto a Scala Greca, zona limitrofa al petrolchimico “.
Ovviamente, lo studio di Sciacca mise tanti dubbi, considerato che è l’uomo ad essere responsabile di una quota soverchiante d’inquinamento, tanto per quantità, quanto e soprattutto per pericolosità L’uomo è sempre vissuto in un ambiente polveroso: i vulcani, l’erosione delle rocce, la sabbia di deserti e spiagge trasportati dal vento, gli incendi boschivi, sono tutte fonti naturali di polveri più o meno fini. A seconda della loro dimensione, questi minuscoli granelli restano più o meno a lungo in sospensione in atmosfera e possono essere trasportati per migliaia di chilometri. Le sabbie sahariane arrivano non raramente in Europa e sono le responsabili delle piogge rosse che di tanto in tanto cadono sui nostri territori. Le stesse sabbie, pur non essendo particolarmente fini dal punto di vista granulometrico, si trovano al di là dell’Oceano Atlantico, sulle coste orientali statunitensi, e risultano particolarmente visibili alle Isole Bahamas dove spiccano per colore sulle rocce vulcaniche native.
Ma se la Natura è responsabile di una certa quota delle polveri che si trovano nell’ambiente, è l’uomo con le sue attività ad esserne il grande produttore!
Restando in sospensione, è inevitabile che le polveri siano inalate insieme con l’aria e, cadendo al suolo, è altrettanto inevitabile che queste finiscano su frutta, verdura e foraggio, entrando così nella catena alimentare anche attraverso l’ingestione, determinando nell’uomo patologie quali: affezioni cardiovascolari (Schulz et alii, 2005- Cardiovascular effects of fine and ultrafine particles. J. Aerosol Med., 18, 1-22), malattie tumorali, malattie neurologiche, malattie della sfera sessuale e malformazioni fetali. Anche il vistoso aumento delle patologie allergiche, specie a livello pediatrico, o di sensibilizzazione potrebbe essere correlato a fenomeni d’inquinamento ambientale o a prodotti d’uso comune quale, ad esempio, il cemento cui vengono sempre più spesso addizionate le ceneri che residuano da processi di combustione di rifiuti (Montanari e Gatti, 2006- Nanopatologie: cause ambientali e possibilità di indagine- Ambiente Risorse Salute n. 110 sett/ott).
La domanda che sorge spontanea è: esiste una relazione causa-effetto certa tra la presenza di particelle e malattie?
Le PM10 sono composte principalmente da particelle grossolane e queste, una volta inalate, non riescono a passare dagli alveoli polmonari al sangue. Dunque, estrinsecano la loro capacità di produrre infiammazione e poi, di conseguenza, cancro, direttamente sul polmone. Le PM2,5, invece, 64 volte più piccole, passano al sangue e, da lì, entro poche decine di minuti arrivano ai vari organi dove vengono sequestrate per non uscirne più. È in quei tessuti, allora, che può nascere il cancro. Se si legge il dato nudo e crudo pubblicato su Lancet Oncology (2013) da alcuni ricercatori (Ole Raaschou-Nielsen et alii., 2013- Air pollution and lung cancer incidence in 17 European cohorts: prospective analyses from the European Study of Cohorts for Air Pollution Effects (ESCAPE), senza spiegazione- dice il prof. Montanari- si constata solo che il numero di cancri polmonari scatenati dalle PM10 è più alto rispetto a quelli da PM2,5 e l’impressione che si può trarre è quella di PM10 più cancerogene delle PM2,5 quando è vero l’opposto. La differenza è che le PM10 sono più specifiche per il polmone, fermandosi lì, mentre le particelle più piccole sono molto più mobili e vanno ovunque. Se si prestasse attenzione alle particelle ancora più piccole, le PM1, ad esempio, il fenomeno sarebbe ancora più vistoso, ma purtroppo nessun ente di controllo nel nostro territorio e’ in grado di rilevarle, a causa di mezzi e strumenti inadeguati.
Studi epidemiologici hanno rilevato una correlazione tra le concentrazioni di polveri in aria e la manifestazione anche di malattie croniche alle vie respiratorie, in particolare asma, bronchiti, enfisemi. A livello di effetti indiretti inoltre il particolato agisce da veicolo per sostanze ad elevata tossicità, non biodegradabili, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti.
Infatti, nel 2011, Arpa Siracusa, effettuando uno studio sulle speciazioni delle polveri, ha riscontrato livelli di benzo(a)pirene e arsenico oltre il valore obiettivo dell’attuale decreto (152/2006) nella stazione Scala Greca e nella stazione Priolo.
Il rispetto del valore limite orario delle PM10 si determina calcolando il numero di superamenti registrati durante l’anno che, come stabilito dalla normativa (decreto 155/2010), non deve essere superiore a 35. Il rispetto del valore limite annuale si valuta verificando che il valore della media annuale non superi il valore limite di riferimento pari a 40 μg/m3.
A Siracusa, così come a Priolo e Belvedere, questi limiti vengono superati abbondantemente anche in estate, nonostante scarso o quasi nullo e’ il traffico veicolare, ma abbondantemente sono le emissioni dei camini e delle torce degli impianti della zona industriale.
Oggi il problema delle PM10 a Siracusa non si è mai voluto/potuto risolvere. Di tutto si è parlato nelle campagne elettorali tranne che di questo. Perché? Chi si vuol proteggere? Le industrie del petrolchimico? L’inceneritore? Le esplosioni in genere? Le operazioni di saldatura? Qualche cementeria della zona? La classe politica? I responsabili della Regione Siciliana per non aver mai realizzato un Piano di Risanamento dell’Aria urbana?
I componenti della Green Week Conference 2013 (rappresentanti dei governi, dell’unione europea, imprese, giornalisti, ricercatori) cercheranno le politiche giuste, proporranno alcune soluzioni, eviscereranno il problema dell’inquinamento dell’aria, sia esso proveniente dalle industrie sia dalle città (automobili, riscaldamenti, etc).
Il sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo, invece, come pensa di risolvere il problema? Quale Piano di risanamento e mobilità trasporti vorrebbe attuare per la città per abbassare le PM10? Come intende tutelare la salute pubblica?
Che fine hanno fatto i bus elettrici? E le go bike?
Dott. Mara Nicotra
M5S SIracusa – I grilli Aretusei
1 commento
La cittadinanza si dovrebbe costituire parte civile e poi vediamo se continuano a non fare niente!!!