Si è svolto il giorno 20 Ottobre 2013, a cura del Meetup di Caltagirone, un incontro-assemblea sul tema dei Liberi Consorzi di Comuni. Dopo essere state brevemente illustrate le funzioni e le istituzioni delle province appena abrogate, in tutte le varie articolazioni, e con un riferimento agli Ato Idrici, le SRR, gli Ato gestione rifiuti, le ASP, i distretti ospedalieri, i distretti sanitari, i distretti turistici, ecc., si sono succeduti vari interventi dei portavoce e degli attivisti presenti, provenienti da varie parti della Sicilia orientale: tutti hanno tenuto a precisare che la prossima istituzione dei Liberi Consorzi rappresenterà una svolta epocale per i territori della Sicilia.
I presenti hanno concordato sul fatto che questa riforma non può non prevedere il coinvolgimento delle popolazioni; stigmatizzando la mancata previsione, nel DDL governativo, di un qualche istituto consultivo delle popolazioni, è stato sottolineato come esso preveda che siano soltanto i consigli comunali a potersi pronunciarsi sull’adesione ai nuovi consorzi, rendendo chiara l’intenzione di calare dall’alto una realtà “preconfezionata”, senza favorire in alcun modo la partecipazione popolare, eccezion fatta per quanto riguarda le aree metropolitane.
In particolare i presenti hanno concordato sul fatto che l’istituzione dei Liberi Consorzi non è soltanto una questione che attiene ai confini, e tanto meno le nuove funzioni potranno ridursi a ricalcare quelle delle soppresse province, operando “sic et simpliciter” una traslazione di funzioni. I risultati che si potranno ottenere, invece, dipenderanno dal coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni, in maniera da non delegare quest’importante cambiamento ai “partiti”. Ribaltando radicalmente l’ottica che ha ispirato il DDL governativo, i confini territoriali, secondo il M5S, rappresentano solo un passo successivo: bisogna prima stabilire cosa lega – o potrà legare – un territorio o più comuni, assumendo così la fase della progettualità come base di partenza per comprendere come queste nuove articolazioni territoriali potranno e dovranno essere il volano in grado di apportare dei benefici ai territori in cui insistono.
E’ quindi dalle comunità che bisogna partire, in maniera da stabilire il “minimo comune denominatore” che le può fare stare insieme; bisogna, insomma, partire dai servizi che devono essere erogati e da qui disegnare i confini dei nuovi LCC(liberi consorzi). Si comprende bene come tale impostazione sia diametralmente opposta a quella governativa, che vorrebbe dividere il territorio in sole tre macro aree (i tre valli), con l’istituzione di tre LCC e tre aree metropolitane; com’è opposta anche a quella linea di pensiero che vedrebbe i nuovi confini degli LCC ricalcare quelli delle attuali province, attuando di fatto un “falso” cambiamento che riguarderebbe solo la denominazione.